Seneca - Epicuro - Scritti sulla felicità by Seneca - Epicuro

Seneca - Epicuro - Scritti sulla felicità by Seneca - Epicuro

autore:Seneca - Epicuro
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: Literary Collections, Philosophy, General, Essays, History & Surveys, Ancient & Classical
ISBN: 9788844038793
editore: Giunti Demetra
pubblicato: 2010-05-10T22:00:00+00:00


Capitolo IV

Si può definire diversamente il nostro concetto di bene, nel senso che la stessa idea può essere espressa con altre parole. Come un esercito ora si spiega in un largo raggio, ora si raduna in poco spazio e ora si curva in file attorno a un centro, oppure si dispone in linea retta, ma la sua forza, in qualunque modo sia stato schierato, resta uguale, come resta uguale la volontà di resistere combattendo per la stessa causa, così la descrizione del sommo bene ora può espandersi e allargarsi, ora assumere una forma contratta e succinta. È lo stesso se dico: «Il sommo bene è un animo che, lieto della virtù, disprezza le cose che provengono dal caso» oppure «È una forza d’animo indomita, esperta delle cose, serena nell’azione, unita a grande umanità e sollecitudine per il prossimo».

Si può anche definirlo dicendo felice colui per il quale non esiste altro bene o altro male se non un animo buono o malvagio, colui che coltiva l’onestà e si contenta della sola virtù, che non si lascia né esaltare né abbattere dalle vicende della sorte, che non conosce bene maggiore di quello che egli può dare a se stesso e per il quale il vero piacere consiste nel non curarsi dei piaceri. È possibile, se vuoi divagare, trasferire il medesimo concetto in aspetti sempre nuovi, purché resti salvo e integro il vero significato. Che cosa ci impedisce infatti di definire la vita “felice” quando un animo è libero, fiero, impavido e sicuro di sé, fuori dal timore, fuori dal desiderio, che tiene per unico bene l’onestà, unico male la turpitudine, cosicché tutta l’altra spregevole massa di cose nulla toglie e nulla aggiunge e, senza portare accrescimenti o perdite al sommo bene, se ne viene e se ne va? A questo animo, che ha basi così solide, devono tener dietro (lo voglia o non lo voglia) una continua gioia e una letizia profonda, che nascono dal profondo perché l’animo gode di ciò che ha e non nutre desideri più grandi di quelli che è in grado di soddisfare. Vale la pena lasciare questi beni per i piccoli, frivoli e incostanti turbamenti del nostro povero corpo? Il giorno in cui si sarà dato al piacere, si sarà anche esposto al dolore: tu vedi quale pessima e dannosa servitù deve sopportare chi è posseduto di volta in volta da piaceri e da dolori, che sono i padroni più capricciosi e prepotenti: bisogna pertanto trovare una via d’uscita verso la libertà.

E questa libertà ce la può dare solo l’indifferenza nei riguardi della sorte: allora si otterrà quel bene inestimabile che è la tranquillità serena della mente, la gioia smisurata e imperturbabile che nasce quando, dopo aver conosciuto la verità, è bandito ogni terrore, quella gioia grande e immutabile che si esprime nell’amabilità e nell’effusione dell’animo. Di tutti questi beni l’animo prenderà diletto, non in quanto beni, ma in quanto effetto del suo proprio bene.



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